USA: l'indebolimento del mercato del lavoro deve preoccupare?

Dopo l’ultimo indebolimento del mercato del lavoro statunitense, c’è davvero da preoccuparsi per le sorti dell’economia? Nel corso del 2023 sono stati sostanzialmente smentiti tutti i segnali di allarme, come i tagli dei posti di lavoro delle società, i modelli di revisione al ribasso dei NFP, i bassi guadagni dell’occupazione core, l’occupazione dei servizi temporanei e la poca ampiezza dei guadagni occupazionali. 


Fonte: ricerca TS Lombard

Oltre al lavoro alcuni segnali di preoccupazione arrivano dagli indicatori ISM e PMI, su livelli piuttosto deboli. Sebbene il contesto attuale sia più vicino ad una recessione rispetto a quello di 12 mesi fa (margini di profitto ristretti, minore carenza di manodopera), Dario Perkins di TS Lombard ritiene che la situazione attuale mostra che il mercato del lavoro non sta per crollare e sta attraversando un processo di normalizzazione. 

Negli ultimi 2 anni si è assistito ad un riequilibrio tra domanda e offerta di lavoro per tutti i Paesi sviluppati ad eccezione del Giappone. Cosa ha determinato questo fenomeno? Se si pensa alla politica monetaria restrittiva, non c’è motivo per aspettarsi la fine della distruzione della domanda di lavoro solo perché è stato ripristinato l’equilibrio. Infatti i posti vacanti continueranno a diminuire, provocando una perdita aggregata di posti di lavoro e innescando la tipica dinamica recessiva. Per invertire il processo, è necessario un taglio dei tassi prima che avvenga un freno dell’occupazione. 


Fonte: ricerca TS Lombard

Un’altra motivazione è che quanto avvenuto sia il frutto di fortuna, per 2 fattori: il primo è che gran parte dei posti vacanti è avvenuta in settori distorti dal Covid. Il secondo è per il miglioramento dell’offerta, con i posti vacanti scesi perché occupati da immigrati o persone tornate sul mercato. 

Perkins propende per la seconda ipotesi. Se così fosse, la domanda di lavoro non dovrebbe peggiorare anche nell’eventualità di una mancanza di tagli dei tassi. In ogni caso, le Banche centrali tenderanno a muoversi al primo segnale di debolezza. Ciò riduce il rischio di esiti negativi. 

Fonte: ricerca TS Lombard

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