USA: cosa aspettarsi da inflazione, lavoro e Fed?
26 maggio 2025
Dopo essere quasi arrivati a metà 2025, cosa ci si potrebbe aspettare su inflazione, politica monetaria e mercato del lavoro USA per quest’anno? Un aggiornamento è arrivato di recente da Morgan Stanley.
Per quanto riguarda i prezzi, la disinflazione è proseguita nei primi 4 mesi dell’anno. Un fattore a cui si deve guardare sono però le tariffe, che ancora non hanno mostrato i loro effetti. Gli analisti ritengono che questo sia coerente con l’evidenza storica, in quanto i beni fortemente colpiti dai dazi nel 2018-2019 hanno visto i loro prezzi salire almeno 3 mesi dopo l’implementazione delle misure tariffarie.
Pertanto, la tendenza disinflazionistica dovrebbe finire tra maggio e giugno. Su base annua, i tassi di inflazione alti continueranno fino a fine 2025, con un picco nel 3° trimestre. I servizi dovrebbero essere meno colpiti dai dazi.
Tuttavia, le aspettative di inflazione dovrebbero rimanere ancorate, mentre l’effetto delle tariffe non dovrebbe essere permanente. Nel 4° trimestre è prevista una decelerazione del PCE, con una tendenza persistente al ribasso nel 2026. La view è per un PCE core al 3,3% nel 2025 e al 2,4% nel 2026.
Il mercato del lavoro dovrebbe mantenersi rigido anche con un rallentamento dell’economia, a causa dei controlli sull’immigrazione. I Non-Farm Payrolls sono attesi in moderazione a 50mila unità al mese nel corso del 2025 e nel 2026, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe mantenersi basso e al 4,8% nel 4° trimestre 2026. In generale, per alzare questo valore, i NFP dovrebbero scendere sotto 125mila unità quest’anno e 100mila l’anno prossimo.
L’occupazione federale è vista in ulteriore calo di 190mila unità, con i maggiori impatti a ottobre 2025, specie a causa dei pensionamenti e al rallentamento delle assunzioni.
La Fed dovrebbe faticare a sostenere l’economia con mosse preventive, in quanto i due lati del mandato sono in tensione. La Banca centrale sarà più reattiva e non sono attese riduzioni del costo del denaro nel 2025. I tagli dovrebbero partire da marzo 2026, portando i tassi al 2,5%-2,75% entro fine anno.
Per quello che concerne il Quantitative Easing, l’asticella resta molto elevata, anche negli scenari di recessione.
Un altro scenario ritenuto piuttosto probabile da MS (al 30%) è quello relativo al ritorno dello shock commerciale. In questo quadro, il ritardo dei dazi offre un falso ottimismo, con un fallimento di gran parte dei negoziati e una re-introduzione delle tariffe reciproche, con la Cina che arriverebbe al 64% dall’attuale 30%. Il ritorno del protezionismo provocherebbe una discesa del PIL di 1,2 punti percentuali, condizioni di credito più rigide e nuovi minimi della fiducia dei consumatori e delle imprese.
Il PCE core è visto al 4%-4,5% nel 2025. Il crollo della domanda potrebbe spingere l’inflazione al target più rapidamente rispetto allo scenario base. Il tasso di disoccupazione è stimato al 6%, con tagli da parte della Fed più veloci e che potrebbero raggiungere l’1,50%-1,75%.
Fonte: ricerca Morgan Stanley
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