Le quotazioni dell’oro continuano ad aggiornare i massimi storici e al momento veleggiano intorno ai 2.570 dollari l’oncia, con un rialzo che è continuato anche se nel corso di questa settimana sono stati pubblicati numeri dell’inflazione USA leggermente sopra le attese. Questo ha permesso al mercato di ridurre le scommesse in merito ad un taglio da 50 punti base da parte della Fed. Tuttavia, le quotazioni hanno
ritrovato forza dopo la decisione della BCE di ridurre il tasso sui depositi di 25 punti base e la relativa scelta di tagliare le stime di crescita dell’Eurozona.
Fonte: RefinitivSecondo UBS, il metallo giallo potrebbe continuare ad apprezzarsi, grazie ad una crescita della domanda da investimenti. Gli analisti citano i dati del World Gold Council in merito al 5° mese consecutivo di afflussi sugli ETF con supporto fisico. Le disponibilità totali sono risalite a circa 3.182 tonnellate, riducendo la perdita su base annua a 44 tonnellate.
Le attese sono per prezzi intorno a 2.600 dollari entro fine 2024 e a 2.700 dollari entro metà 2025.
Le attese sul petrolio
Fonte: Refinitiv
Al contrario delle quotazioni dell’oro, quelle del petrolio continuano a mostrare debolezza, con i prezzi del Brent che stanno cercando di recuperare terreno dopo aver toccato i minimi da fine 2021. Gli analisti ritengono che al momento, a penalizzare i prezzi siano più le preoccupazioni per la crescita economica, i cambiamenti nel sentiment del rischio e l’impatto delle politiche monetarie restrittive. Questi fattori per ora incidono più dei fondamentali.
Inoltre, sembra che il mercato stia scontando i tagli di compensazione per quei Paesi dell’OPEC+ che hanno prodotto in eccesso in passato. Oltre a questo, gli operatori potrebbero pensare che a prezzi più bassi ci sia un deterioramento della conformità, con alcune Nazioni che starebbero producendo più del dovuto. Il Cartello ha però adottato misure per migliorare la conformità e gli ultimi dati confermerebbero ciò. Altra incertezza arriva dal fatto che non si sa per quanto tempo i barili libici mancheranno dal mercato e si deve considerare l’impatto dell’uragano Francine sulla produzione USA (interrotta la produzione di 1,5 milioni di barili e ci si attende che riduca l’output del Golfo del Messico a settembre di 50mila barili al giorno). Considerando il potenziale calo delle scorte, il ritardo dell’offerta rispetto alla domanda e il basso posizionamento speculativo, gli analisti si aspettano un Brent oltre 80 dollari al barile nei prossimi mesi.
Fonte: ricerche UBS