Azioni USA: non si può escludere un bear market

La forte crescita post Covid degli Stati Uniti è attribuibile essenzialmente alla bassa sensibilità ai tassi del settore privato, al forte sostegno fiscale, ai risparmi in eccesso, all’aumento degli investimenti, all’aumento dell’occupazione straniera e a quello del patrimonio netto delle famiglie. Questi fattori hanno permesso alla crescita economica di proseguire nonostante l’aumento del costo del denaro.

Gli analisti di TS Lombard notano ora che il vento è cambiato: i fattori menzionati prima non costituiscono più un vento di coda. In effetti, ora l’incertezza politica è alta, i tassi dei mutui continuano a salire, le imprese si rifinanziano sempre più spesso a tassi più elevati e la crescita dei redditi reali è indebolita. A ciò si aggiunge anche il fatto che sembra essere passato il boom dell’edilizia non residenziale.

Fonte: ricerca TS Lombard

 

Un fattore importante da considerare è che il nuovo mix di politiche statunitensi non è ancora pienamente prezzato, con le misure dell’Amministrazione Trump che minacciano di rallentare significativamente PIL ed EPS tra l’austerità del DOGE, dazi aggressivi e il giro di vite sull’immigrazione.

Se l’obiettivo strategico dichiarato da Trump è preso seriamente, i dazi non possono essere temporanei. Considerando che le azioni scambiano poco sotto i massimi registrati dopo le elezioni, in piena fase di euforia, viene da pensare che il margine di ribasso sia elevato.

I modelli sviluppati dagli analisti ritengono che i mercati stiano ancora prezzando un’economia relativamente forte per gli Stati Uniti.

Una mano da parte della Fed (la cosiddetta “Fed put”) sembra poco probabile in questo contesto economico e politico. Si palesa all’orizzonte uno scenario di bear market, particolarmente raro al di fuori delle recessioni (qui il nostro studio).

Fonte: ricerca TS Lombard

 

Molto dipenderà dalle decisioni di Trump, che se fosse intenzionato a raccogliere entrate e far rinascere l’industria manifatturiera USA dovrà mantenere permanentemente i dazi, con una possibilità limitata di negoziare le tariffe più basse.

Nonostante l’atteso indebolimento dell’economia USA, non è previsto un rally dei bond. Questo perché la Fed ha le mani legate da un’inflazione sopra il target, con i dazi che rischiano solo di complicare questo problema. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro dovrà fare i conti con le ambizioni di re-shoring da parte di Trump. Per avere un rally dell’obbligazionario governativo, servirà probabilmente una recessione.

Fonte: ricerca TS Lombard

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