Sebbene abbiamo visto come la concentrazione nell’S&P 500 stia calando nell’ultimo periodo, il dato rimane sempre nei pressi dei massimi decennali. Le 10 società più grandi contano per il 33% della capitalizzazione dell’indice de per il 25% degli utili. L’overperformance di questi titoli ha spinto le quotazioni in rialzo di circa il 30%: si pensi infatti che il componente medio è salito di solo l’11%.
In questo quadro è interessante menzionare un’interessante ricerca di Goldman Sachs che evidenzia come a dispetto della concentrazione record, le valutazioni rimangono sotto i precedenti massimi: il P/E forward della top 10 citata prima è di circa 25x, sotto il picco del 2000, del 2020 e di metà 2023. Oltre a questo, il premio di valutazione del 35% dei titoli più grandi si colloca al 75° percentile dal 1985, sotto l’80% di metà 2023 e il 100% del 2000.
Fonte: ricerca Goldman Sachs
GS mostra un confronto tra i principali 10 titoli dell’S&P 500 nella situazione attuale, in quella della bolla del 2000 e nel periodo dei Nifty Fifty del 1973. È da segnalare che la concentrazione di oggi è più alta di entrambi i casi del passato, ma rispetto al picco della bolla tecnologica le valutazioni delle azioni più importanti sono molto più basse e risultano simili a quelle del 1973. Rispetto ai due periodi passati, oggi ci sono migliori margini di profitto e rendimenti azionari.
Questi casi non sono gli unici in cui si è verificata una concentrazione così importante: Goldman Sachs ne ha identificati cinque oltre i due già visti: il 1932, il 1939, il 1964, il 2009 e il 2020. Se nel 1973 e nel 2000 le azioni sono crollate, negli altri episodi ciò non è avvenuto: nel 2009 e il 2020 si è assistito a cambiamenti positivi nelle prospettive macroeconomiche, mentre nel 1932 è stato il punto più basso della recessione.
Fonte: ricerca Goldman Sachs
Le analogie con il ’73 e il 2000 sono presenti, come ad esempio il tasso di disoccupazione basso, la concentrazione in aumento con ampi rendimenti delle azioni. In tali eventi, il picco della concentrazione è coinciso con quello del mercato azionario e con la fine del bull market. Nell’anno successivo, si è verificata una recessione.
Il 1964 è stato un caso in cui il rialzo è continuato anche con una concentrazione in calo. Anche in quel periodo la disoccupazione era bassa e il mercato azionario risultava in forte crescita. Dopo il picco di concentrazione però, l’economia e le azioni sono rimaste sane per un lungo periodo.
Il ruolo del Momentum
Un elemento comune con la concentrazione del mercato è la variazione del Momentum, che ha registrato un rally in concomitanza con la sovraperformance dei leader di mercato. Una volta che la concentrazione è scesa, lo stesso ha fatto il Momentum.
La performance di questo elemento non è paragonabile ancora agli episodi storici per ampiezza e durata. La variazione del fattore long/short S&P 500 Momentum di Goldman Sachs ha registrato una variazione del 19% negli ultimi 12 mesi, ben inferiore rispetto al 42% degli episodi precedenti. Il dato a 2 anni è ancora sotto i rally che hanno preceduto i periodi di forte concentrazione.
Fonte: ricerca Goldman Sachs
In 26 inversioni da massimo a minimo del Momentum dal 1930 (il fattore è sceso di almeno il 20% in 3 mesi), si è verificata una performance mista dei leader e un apprezzamento in termini assoluti dei titoli rimasti indietro.
7 inversioni del Momentum si sono verificate in un bull market dell’S&P 500, simile al contesto attuale. Di queste, 6 sono coincise con un cambiamento deciso delle prospettive macroeconomiche (due con un indebolimento dell’economia e quattro con attese di crescita migliorate).
Fonte: ricerca Goldman Sachs