Guida alle elezioni di midterm: effetti politici e istituzionali
13 dicembre 2025
Uno degli eventi più importanti per gli Stati Uniti sono le elezioni di midterm. Si tratta di consultazioni che si tengono ogni 4 anni, nell’anno intermedio tra due elezioni presidenziali. L’obiettivo è quello di rinnovare gran parte dei rappresentanti politici a livello federale, pur non coinvolgendo direttamente il Presidente in carica.
Quando si tengono e come funzionano
A metà di ogni mandato presidenziale, il martedì successivo al primo lunedì di novembre, si tengono le elezioni di midterm.
Le votazioni rinnovano l’intera Camera dei Rappresentanti (435 componenti) e circa un terzo dei 100 seggi del Senato (il mandato è di 6 anni e le loro elezioni sono scaglionate).
Oltre a questo, spesso l’evento coincide con importanti consultazioni statali e locali.
Si comprende quindi come le elezioni di midterm abbiano profonde ricadute sul panorama politico statunitense su più livelli.
Dal punto di vista organizzativo, le elezioni di metà mandato funzionano in maniera simile a quelle presidenziali. Gli aventi diritto si recano alle urne per esprimere il voto sui candidati che li rappresenteranno: ogni elettore vota per il proprio rappresentante alla Camera nel distretto in cui risiede e per un senatore (qualora fosse previsto il rinnovo a livello statale).
Per il Congresso, il sistema elettorale è maggioritario uninominale: in ciascun collegio vince il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In base ai risultati nelle competizioni locali, si determina la nuova composizione politica del Congresso. L’insieme di queste elezioni decide quale partito deterrà la maggioranza alla Camera e quale (se diverso) al Senato nei due anni successivi. Questo a sua volta influisce sugli equilibri di potere federali fino alle successive elezioni generali.
L’importanza delle elezioni di midterm
Le elezioni di midterm possono essere considerate come uno strumento di controllo popolare sull’operato del Presidente e del suo partito. Esprimendo il loro giudizio infatti, gli elettori possono premiare l’opposizione.
Interessante evidenziare che dalla Seconda guerra mondiale ad oggi, il partito al potere ha perso in media circa 30 seggi totali tra Camera e Senato in ogni consultazione di metà mandato. Questo fenomeno può riflettere la volontà degli elettori di ribilanciare i poteri, evitando che un singolo partito controlli la presidenza e il Congresso per troppo tempo.
A livello istituzionale se l’esito dovesse cambiare la maggioranza in una o entrambe le camere, il Presidente potrebbe dover governare trovandosi più ostacoli da parte dell’opposizione. I nuovi eletti potrebbero ostacolare il programma legislativo nella seconda parte del mandato presidenziale. Un Congresso ostile può bloccare o ridurre al minimo l’agenda del Presidente, impedendo l’approvazione di leggi chiave, budget o nomine, e avviando intense attività di vigilanza e controllo sull’esecutivo.
Viceversa, se il partito del Presidente riuscisse a mantenere la maggioranza, non ci sarebbero grandi ostacoli nel perseguimento delle politiche scelte.
Gli effetti sulla politica monetaria
Interessante evidenziare come le elezioni di midterm hanno ripercussioni indirette sulla politica monetaria: il Senato ha potere di conferma delle nomine dei componenti del board. Un cambiamento nella maggioranza senatoriale potrebbe influire sulla rapidità o sulla probabilità con cui vengono confermati (o respinti) i candidati proposti dal Presidente per la guida della banca centrale, influendo così sul mix di orientamenti hawkish o dovish all’interno del FOMC.
Alcuni esempi recenti dell’influenza delle midterm
Dagli anni 2000, possiamo trovare tre esempi su come le elezioni di midterm hanno portato ad ampi sconvolgimenti nei programmi presidenziali.
- 2006: le midterm del 2006 si svolsero nel secondo mandato del presidente repubblicano George W. Bush, in un clima segnato dall’insoddisfazione per la prolungata guerra in Iraq e per la risposta federale all’uragano Katrina. Gli elettori punirono il partito al potere. I democratici riuscirono a strappare ai repubblicani la maggioranza alla Camera (guadagnando circa 30 seggi) e a riconquistare anche il Senato. Per la fase finale della presidenza Bush questo significò un forte cambio di direzione politica: il Congresso democratico impose maggiore controllo sull’esecutivo, avviò indagini sulla conduzione della guerra e bloccò diverse iniziative legislative conservative. L’esito del 2006 prefigurò inoltre il successivo orientamento dell’elettorato, spianando la strada alla vittoria democratica alle presidenziali del 2008.
- 2010: due anni dopo l’elezione di Barack Obama, le elezioni di metà mandato del 2010 provocarono uno spostamento massiccio verso i repubblicani, specialmente alla Camera. Sull’onda del movimento conservatore del Tea Party, il Partito Repubblicano ottenne guadagni enormi, riconquistando la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti (63 seggi strappati ai democratici) e riducendo il margine democratico in Senato. Le conseguenze furono immediatamente visibili sul piano politico ed economico: il nuovo Congresso bloccò qualsiasi ulteriore riforma progressista e ingaggiò con l’Amministrazione un duro confronto sul piano fiscale, chiedendo tagli alla spesa e rifiutando aumenti di tasse. Questo portò nel 2011 alla drammatica contrapposizione sul tetto del debito e all’adozione di politiche di austerità relative (come il meccanismo dei tagli automatici al bilancio).
- 2018: nel 2018, a metà del mandato di Donald Trump, i democratici ottennero una significativa vittoria alla Camera (guadagnando 41 seggi) mentre i repubblicani mantennero di misura il Senato. Questo Congresso diviso cambiò l’equilibrio di potere a Washington. La leadership democratica alla Camera interpretò il risultato come un mandato per intensificare i controlli sull’amministrazione Trump. Nei mesi seguenti, le commissioni della Camera avviarono numerose indagini sulle azioni del Presidente e del suo entourage. L’apice dello scontro istituzionale si ebbe con l’avvio della procedura di impeachment nel 2019. Sebbene Trump sia stato poi assolto dal Senato, l’azione del Congresso scaturita dalle midterm del 2018 segnò una netta intensificazione del grado di scrutinio nei confronti della Presidenza. Inoltre, la presenza di una Camera ostile bloccò completamente l’avanzamento dell’agenda legislativa di Trump nella seconda parte del suo mandato, costringendolo a governare spesso tramite decreti esecutivi o accordi bipartisan molto limitati.
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