Midterm USA e mercati: cosa dice la storia di S&P 500 e Nasdaq

L’anno prossimo negli Stati Uniti si terranno le elezioni di midterm, che storicamente tendono ad essere un banco di prova per l’Amministrazione in carica. Queste consultazioni vengono infatti considerate uno strumento di controllo popolare sull’operato del Presidente e del suo partito.

Abbiamo osservato quindi le performance degli indici S&P 500 e NASDAQ 100 negli anni delle elezioni di metà mandato, confrontandole con quelle archiviate negli anni di votazioni presidenziali e in quelli “normali”. I dati sono reperiti da Bloomberg e partono dal 1931, mentre quelle sul Nasdaq 100 dal 1986.

Dal nostro studio emerge come le performance annuali quando ci sono state le elezioni di midterm sono mediamente più basse rispetto a quando ci sono state le presidenziali. Questi anni sono anche peggiori rispetto agli anni non elettorali.

Ciò potrebbe riflettere il periodo in cui cadono queste votazioni, ossia il secondo anno di mandato presidenziale, che spesso coincide con la fine degli stimoli fiscali iniziali, politiche monetarie più restrittive e rallentamenti ciclici dell’economia

 I risultati sull’S&P 500

Per quanto riguarda l’S&P 500, la performance media negli anni con le elezioni di midterm è stata del +4,71% (mediana +1,06%). La percentuale di anni positivi è del 56,5%.

Negli anni presidenziali, la variazione media è stata del +6,88% (mediana +10,66%), con ben il 75% di anni positivi.

Negli anni non elettorali invece la performance media è stata del +10,77% (mediana del +16,35%), con il 70,2% di anni chiusi con variazione sopra la pari.

I risultati sul Nasdaq 100

Il Nasdaq 100 ha visto una performance media del +5,56% negli anni delle elezioni di midterm (mediana +4,15%). La percentuale di anni positivi è il 60%.

Negli anni presidenziali, la variazione media è stata del +9,18% (mediana +11,99%), con un 80% di anni positivi.

Infine, gli anni non elettorali hanno registrato un +29,66% medio (+26,63% mediana), con un 94,7% di probabilità di chiusura in positivo.

Numeri così buoni vanno comunque contestualizzati: il campione analizzato è più breve e negli ultimi decenni c’è stato un contesto strutturalmente favorevole ai titoli growth.

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