13 novembre 2023
I prezzi del petrolio potrebbero iniziare ad aggirarsi in un range che va dai 79 ai 100 dollari al barile. Se come avevamo detto in altre occasioni un prezzo della materia prima troppo alto potrebbe innescare una flessione della domanda, gli Stati Uniti potrebbero sfruttare la discesa sotto i 79 dollari per rimpinguare le riserve strategiche (come ha fatto sapere l’Amministrazione Biden). Tuttavia, una ricerca di Gavekal mette in luce la rarità di una situazione in cui le quotazioni del petrolio lateralizzano, con l’ultimo evento che risale al 2011-2014. Gli analisti mettono in luce tre driver positivi e tre negativi per cui i corsi potrebbero rompere il range menzionato prima. 🔹Il primo elemento che potrebbe zavorrare le quotazioni del petrolio è relativo al fatto che gli USA non sfruttino i prezzi bassi per riempire le riserve. Questo perché nella realtà dei fatti il Paese è autosufficiente dal punto di vista energetico e le SPR sono più uno strumento geopolitico a vantaggio degli alleati importatori di Europa e Asia.
Questo ha anche delle motivazioni di politica interna: visto il contesto di tassi elevati, non avrebbe senso per il Governo pagare per accumulare un bene non produttivo e che i Dem vogliono rendere obsoleto. È ritenuto più probabile che l’annuncio sia un segnale ai produttori locali in merito al fatto che è sicuro investire e produrre di più visto che alla fine il Governo sosterrà i prezzi. 🔹Il secondo elemento è relativo al fatto che la Cina accumuli meno scorte. Il Paese produce 4,1 milioni di barili al giorno, ne importa 12,1 milioni, ne consuma 14,3 milioni ed esporta 1 milione di barili in prodotti raffinati. Con un eccesso approssimativo rispetto al consumo di 1 milione di barili al giorno, negli ultimi 3 anni Pechino potrebbe aver accumulato 1,2 miliardi di barili di greggio, l’equivalente di 80 giorni di consumo. Ci sono diverse ragioni per cui la Cina potrebbe aver deciso di aumentare le sue scorte, tra cui crearsi un cuscinetto contro gli aumenti improvvisi dei prezzi, difendersi da un embargo USA o dal congelamento delle strutture di pagamento o
utilizzare i guadagni in valuta estera al posto di acquistare titoli di Stato USA. In questo quadro, accumulare petrolio ha rendimenti decrescenti nel lungo termine e richiede importanti infrastrutture. Per questo motivo, potrebbe arrivare il momento in cui il Paese smette di farlo. Questo si basa sull’assunto che in effetti la Nazione stia costruendo una SPR, cosa non certa. 🔹Il terzo rischio al ribasso è relativo alla fine del conflitto tra Russia e Ucraina, in quanto verrebbe ridimensionato il premio al rischio associato alla guerra sui prezzi dell’energia. Al contrario, i tre elementi che potrebbero spingere al rialzo i corsi sono: 🔹Un peggioramento della situazione in Medio Oriente, che potrebbe ridurre notevolmente l’export iraniano; 🔹Un collasso della produzione russa per via della mancanza di parti o tecnologia occidentale. La produzione della Russia si è mantenuta sopra i 9,5 milioni di barili al giorno: o gli ingegneri sono riusciti ad adattarsi alla mancanza di tecnologia occidentale; o i vecchi macchinari sono in funzione e verranno necessariamente dismessi a causa dell’usura.
Questo scenario, giudicato meno probabile, peserebbe sull’output. 🔹Infine, il terzo elemento è relativo al fatto che gli investitori stiano sottovalutando il prossimo boom di domanda da parte delle economie emergenti. Questo evento è considerato il più probabile dagli analisti. In effetti, cosa succederebbe se le economie emergenti (che contano circa 6 miliardi di persone) accelerassero i consumi raggiungendo la Cina come consumo pro-capite in uno scenario simile a quello già visto 20 anni fa a Pechino? Potrebbe anche succedere che la Cina colmi il divario con l’Europa o, addirittura con gli USA. Questo provocherebbe una sorta di shock sul fronte della richiesta. In generale comunque, lo scenario base resta quello di un trading range, elemento che rende gli analisti di Gavekal positivi sui titoli energetici in un contesto di fine del ciclo di rialzo dei tassi e di conseguente debolezza del dollaro USA, crescita delle materie prime e boom dei mercati emergenti.
Condividi su
Informazioni sull'autore
Ti è piaciuto l'articolo ?
Non perderti neanche un contenuto, iscriviti subito alla newsletter gratuita di FreeFinance!
ISCRIVITI SUBITO