USA: ecco perché l'alta inflazione mediana non dovrebbe preoccupare, per ora


Fonte: Fed di Cleveland

L’inflazione core ha i suoi difetti: pur togliendo dal suo calcolo le componenti più volatili, ne lascia altre che fanno comunque oscillare notevolmente il dato. Per ovviare a questo problema si può guardare ad una misura dei prezzi meno conosciuta, ossia il CPI mediano della Fed di Cleveland. Il dato non è il risultato della media ponderata dei prezzi dei beni e servizi considerati dal Bureau of Labor Statistics, ma considera la voce che sta al centro della distribuzione (quella con il peso al 50° percentile della distribuzione delle variazioni di prezzo. Per fare un esempio, il dato di novembre considerato è quello del cibo fuori caso, cresciuto dello 0,4% su base mensile. Questo ha portato il CPI mediano al 5,242% su base annuale, oltre la rilevazione core dello stesso periodo. Molti economisti ritengono questa misura come un indicatore migliore sui prezzi. 

Tuttavia, il WSJ nota che recentemente ha avuto dei problemi, in quanto circa un terzo del suo peso è relativo alla componente abitativa. Questo implica che le variazioni di questi elementi attrae la misura mediana. Se venissero escluse queste componenti, il dato annualizzato sarebbe stato pari al 2,1% a novembre. Ciò rappresenta una problematica in quanto i costi abitativi calcolati dal Dipartimento del Lavoro tendono ad essere in ritardo rispetto a quanto avviene nel mondo reale. Inoltre, sia per gli affittuari che per i proprietari il costo delle abitazioni è derivato dagli affitti (per i proprietari viene calcolato l’owners’ equivalent rent, ossia la stima di quanto le persone dovrebbero pagare se affittassero case equivalenti rispetto alle proprie). Fino a che non sarà passata la volatilità degli affitti quindi, non ha molto senso guardare al CPI mediano, che potrebbe tornare invece utile quando questo momento di ampie oscillazioni sarà concluso

Fonti: Fed di Cleveland, Wall Street Journal

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