07 dicembre 2023
Il Wall Street Journal ha fatto un interessante approfondimento sugli elementi di ottimismo e di pessimismo per l’inflazione USA. Partendo dai primi, la premessa che il mandato della Fed punta al 2% dell’indice dei prezzi delle spese per consumi personali, con i funzionari che guardano al PCE core, al netto delle componenti più volatili come cibo ed energia. Oltre a ciò, si tiene traccia delle variazioni a tre e sei mesi, che sono quelle che stanno dando più spazio alla positività. Se infatti il PCE core si trova al 3,5% a/a, su base annualizzata a 3 mesi ci si trova al 2,4%. Un altro motivo per essere ottimisti è relativo al fatto che continueranno ad attenuarsi gli effetti dell’era pandemica sia per quanto riguarda i beni che i servizi. Oltre a ciò, con l’era del Covid molti lavoratori anziani hanno abbandonato il lavoro e sono stati sostituiti da individui più giovani ma meno esperti. Ciò ha provocato un calo della produttività, complicando il lavoro delle aziende di soddisfare la domanda. Questo è anche uno degli elementi che ha fatto salire i salari, visto che le società si contendevano i lavoratori più qualificati. Da quel periodo però la produttività ha visto una normalizzazione. Il terzo fattore è relativo alla politica monetaria, che deve ancora mostrare tutti i suoi effetti. Inoltre, ci sono sempre più prove che il mercato del lavoro si stia raffreddando. Un ulteriore elemento riguarda il calcolo della componente abitativa del PCE (misura quanto le persone pagano per una casa), che dovrebbe diminuire visto il rallentamento della crescita degli affitti pubblicizzati. Da tenere in conto ci sono anche degli elementi negativi, come ad esempio il fatto che il rallentamento dell’economia non sia ancora sufficiente. Questo potrebbe portare il mercato a sottovalutare quanto la Fed possa mantenere fermi i tassi: le aperture di posti di lavoro sono superiori ai livelli pre-pandemia, mentre la crescita dei salari rimane sostenuta. Per Andrew Hollenhorst di Citigroup, assumendo una produttività dell’1%, gli attuali dati di crescita dei salari sono coerenti con un’inflazione al 3%-4%. Vista la sua relazione con le retribuzioni, potrebbe essere difficile far abbassare l’inflazione dei servizi. Oltre a questo, c’è da fare attenzione alle aspettative di inflazione, che se troppo alte potrebbero spingere i lavoratori a richiedere aumenti più consistenti.
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