L’inflazione USA potrebbe fornire un’indicazione di dove andrà il dato europeo? Diversi analisti stanno avanzando questa ipotesi, pur sapendo che i fattori che influenzano il dato nelle due aree del mondo sono differenti (per gli USA riguardano lo stimolo fiscale, per l’EU la crisi energetica). Per Carsten Brzeski di ING,
la BCE non dovrebbe respingere categoricamente il rischio sui prezzi che si sta manifestando negli Stati Uniti, rimanendo cauta. In generale,
da ora in avanti i fattori che stimolano l’inflazione dell’Eurozona potrebbero non essere così diversi da quelli che stanno frenando la discesa del dato USA. Brzeski vede tendenze simili sul mercato del lavoro e sui prezzi dell’energia dei due blocchi.
Andrzej Szczepaniak di Nomura mette in evidenza la crescita del PIL più forte del previsto, una ripresa trainata dai consumatori e un tasso di disoccupazione intorno ai minimi storici che sta spingendo i salari. In questo quadro, la domanda sta permettendo alle imprese di trasferire i costi ai consumatori. Konstantin Veit di Pimco ritiene che l’inflazione è altamente correlata a livello globale, quindi è improbabile che un problema in USA non venga in qualche modo trasferito in EU.
Alcuni non sono d’accordo: Holger Schmieding di Berenberg ritiene che la causa dell’inflazione USA non è ancora stata risolta, con la domanda interna che continua a crescere. Al contrario nell’Eurozona lo shock energetico è stato superato e l’economia mostra un indebolimento. Questo dovrebbe portare a tagliare i tassi quanto prima.
Katharine Neiss di PGIM Fixed Income ha affermato che il quadro inflazionistico europeo è più chiaro rispetto a quello statunitense, con i tassi mensili smussati dell’inflazione headline del blocco europeo più allineati al target della BCE.
Fonte: Bloomberg