Per l’economia USA ci sono due enigmi: il primo riguarda il motivo per cui l’aumento dei tassi ha penalizzato alcune economie, mentre su altre (come quella statunitense) ha avuto un effetto minimo. Il secondo è relativo al perchè la crescita riesce ad essere forte in un contesto in cui il numero di chi perde il lavoro e non è in cassa integrazione è aumentati di mezzo milione di unità.
Gli analisti di BCA Research ritengono che
la risposta a questi problemi è la crescita dell’offerta di lavoro, salita di oltre il 2%: in altre economie ciò non è avvenuto. Questo numero si attesti in realtà al 3%, visto il deciso incremento
dell’immigrazione clandestina. Tale fattore non compare nei dati ufficiali, ma emerge nei consumi e nelle spese. Con un’offerta di lavoro del 3% e che si avvicina alla domanda, è difficile non osservare un miglioramento dell’economia.
Fonte: ricerca BCA ResearchÈ da segnalare che nel 2023 la domanda di lavoro non è cresciuta e dunque l’incremento dell’offerta è stato un effetto di recupero dei livelli di richiesta elevati. Con la riapertura dell’economia del 2021, la domanda di lavoratori è salita in misura decisa, mentre l’offerta non ha tenuto il passo. L’eccesso di richiesta è il miglior indicatore dell’inflazione salariale. A fine 2022 e nel 2023 la domanda ha smesso di crescere, mantenendosi comunque sopra l’offerta.
Fonte: ricerca BCA ResearchNel periodo successivo la partecipazione al mercato si è normalizzata, ma la crescente offerta ha riempito i posti vacanti in eccesso riducendo il gap. Ciò ha prodotto una crescita dell’occupazione e del PIL reale, con una eliminazione dei posti vacanti in eccesso e una disinflazione dei salari.
Questa situazione però può dirsi
conclusa, in quanto il tasso di partecipazione dei lavoratori tra i 25 e i 54 anni è oltre ai livelli precedenti la pandemia e sta raggiungendo il suo massimo. Il tasso di partecipazione dei lavoratori over 55 è bloccato sotto i valori pre-Covid, indicando un abbandono perenne.
Fonte: ricerca BCA ResearchGli analisti sottolineano che è improbabile che l’immigrazione riesca a creare disinflazione, rendendo necessario un incremento della disoccupazione per riuscire a creare un abbassamento dell’inflazione salariale. Questa si otterrebbe infatti con una crescita della domanda di lavoro inferiore a quella della popolazione.
Le due scelte della Fed
Al momento l’inflazione salariale si attesta sul 4%. Pertanto, la Fed si trova davanti a due scelte: accontentarsi di aver stabilizzato i prezzi al 3% e tagliare i tassi evitando un aumento della disoccupazione o non tagliare in anticipo raggiungendo il target sui prezzi. Quest’ultima ipotesi porterebbe con sé l’incremento della disoccupazione. Il primo scenario rischia di essere più doloroso nel lungo periodo, poiché le aspettative di inflazione finirebbero per disancorarsi.
L’opinione di BCA è che la Federal Reserve opterà per la seconda ipotesi. Ciò implica che il mercato ha sopravvalutato i tagli dei tassi anticipati.
Fonte: ricerca BCA Research