06 dicembre 2023
A inizio settimana le quotazioni dell’oro hanno toccato i top storici, superando quelli registrati nel 2020. È interessante andare a guardare i motivi per tale record in un contesto di inflazione in calo ed economia resistente. Una delle ragioni è la prospettiva sull’inizio del taglio dei tassi da parte della Fed che ha fatto scendere i rendimenti obbligazionari, compresi quelli reali (quelli corretti per l’inflazione). Tradizionalmente, l’oro sale quando i rendimenti reali scendono e viceversa. Questo perché viene ridotta la remunerazione dei pagamenti regolari dei bond rispetto all'oro, che non stacca alcuna cedola. La flessione degli yield ha provocato anche una discesa del dollaro USA, che ha reso la materia prima più appetibile agli investitori non statunitensi. In questo quadro, non si devono dimenticare le tensioni geopolitiche o il fatto che diversi investitori potrebbero pensare che il recente rally azionario abbia portato le quotazioni troppo in alto, specie se la recessione dovesse arrivare. Un altro elemento è relativo agli acquisti da parte delle Banche centrali (Cina, Polonia e Singapore in testa) che hanno portato gli acquisti di oro nel 2023 quasi oltre il record del 2022. Aakash Doshi di Citigroup ritiene che gli istituti centrali siano una delle ragioni chiave della tenuta del 2022. L’analista evidenzia come questo sia uno dei motivi per cui il floor strutturale dell’oro è più alto. Se la Fed tagliasse i tassi tra la seconda metà del 2024 e la prima del 2025, JP Morgan ritiene che i prezzi potrebbero raggiungere i 2.300 dollari l’oncia. In ogni caso ci sono fattori che remano contro il rialzo. In primis, un rialzo dei rendimenti reali potrebbe innescare ina serie di vendite. Inoltre gli acquisti delle Banche centrali potrebbero rallentare viste le quotazioni elevate e, per lo stesso motivo, i consumatori potrebbero approfittare per vendere lasciando agli investitori istituzionali il compito di sostenere il mercato.
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