Rame: prevale la positività nonostante i dazi

Dal 1° agosto è stata introdotta una tariffa del 50% sulle importazioni USA di prodotti semilavorati in rame e di derivati ad alto contenuto del metallo. Tuttavia, il rame raffinato e i concentrati sono stati esentati.

Oltre a questo, una parte dei materiali di input come minerali, concentrati, catodi e anodi, dovrà essere venduta sul mercato interno partendo dal 25% nel 2027 e arrivando al 40% nel 2029. A ciò si aggiunge il fatto che anche il 25% degli scarti di alta qualità dovranno essere venduti a livello domestico.

L’obiettivo dell’Amministrazione Trump è quello di rafforzare le capacità di raffinazione del Paese garantendo un approvvigionamento affidabile.

Gli analisti di UBS ritengono che i requisiti di export non avranno un impatto significativo nel breve termine, in quanto già il 40% degli scarti viene già lavorato nel Paese.

In generale la riduzione della domanda di importazioni statunitensi e le possibili esportazioni potrebbero ricostruire le scorte al di fuori degli USA.

UBS si aspetta che le attenzioni torneranno presto sui fondamentali di domanda e offerta a lungo termine.

L’offerta rimane limitata, mente i costi di trattamento sono bassi e le scorte fuori dagli Stati Uniti sono in calo.

Le attese sono per una crescita dell’output dell’1,3% nel 2025 e del 2,8% nel 2026.

Per quello che riguarda la domanda, i PMI manifatturieri di Cina, USA ed Eurozona si trovano sotto i 50 punti. La richiesta di rame è però vista in crescita, grazie ai tassi più bassi e all’elevata spesa fiscale.

Un fattore importante della crescita continuerà ad essere la transizione energetica, mentre la Cina dovrebbe contribuire ad aiutare i consumi interni. Le previsioni della domanda sono per un aumento del 2,2% nel 2025 e del 2,9% nel 2026, con deficit di 53mila tonnellate metriche nel 2025 e di 87mila nel 2026.

Per UBS, l’attuale calo dei prezzi potrebbe costituire un’opportunità, specie nel range 9.000-9.500 tonnellate metriche.

La previsione è di un ritorno a 10.750 dollari entro giugno 2026, che presuppone un rialzo di circa l’11% rispetto alle quotazioni attuali.

Fonte: ricerca UBS

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