USA: l'impatto del soft-landing su economia e politica monetaria

Tra gli analisti positivi in merito alla crescita dell’economia statunitense ci sono quelli di Wells Fargo, i quali ritengono che il Paese riuscirà ad archiviare il traguardo del “soft landing”, espandendosi fino al 2025. Viene notato che a fronte di una campagna di inasprimento monetario sostenuta, l’aumento dell’occupazione e la flessione dei prezzi hanno visto un ritorno in positivo del reddito disponibile reale delle famiglie. Pur non escludendo la recessione, le attese sul PIL USA sono per aumentate all’1,7% per il 2024 e il 2025 (da 0,9% e 1,5%). 

Fonte: ricerca Wells Fargo

Gli esperti si sono concentrati sulle ripercussioni che ciò avrà a livello globale: un’economia a stelle e strisce più forte potrebbe portare quella dell’Eurozona e del Regno Unito ad una ripresa più rapida dalle condizioni recessive (previsioni sul PIL 2024 rispettivamente allo 0,6% e allo 0,5%), offrendo sostegno anche a Canada e Messico per via dei rapporti commerciali, in quanto gli Stati Uniti rappresentano il 70% circa delle loro esportazioni complessive di merci (la crescita del PIL di queste Nazioni è vista all’1% e al 2% nel 2024). Wells Fargo ha migliorato le stime di crescita globali portandole al 2,6% nel 2024.

L’impatto del soft landing USA sulle politiche monetarie e sul dollaro


 
Fonte: ricerca Wells Fargo

Se l’ipotesi di soft landing USA si rivelasse corretta, Wells Fargo si aspetta che le Banche centrali adotteranno un approccio più graduale. Per la Fed le stime sono di 125 punti base di tagli a partire da maggio, con un allentamento che proseguirà per gran parte del 2025, per un totale di 225 punti base. 

La BCE dovrebbe invece tagliare il costo del denaro a partire da aprile, arrivando al 2% sui a metà 2025. Il costo del denaro nel Regno Unito non dovrebbe invece raggiungere il 3% prima di metà del prossimo anno. 

Sul fronte valutario, un soft landing USA potrebbe spingere verso il basso il dollaro, con un deprezzamento fornito dall’allentamento monetario e dal mancato supporto della funzione di “bene rifugio” del biglietto verde a seguito di una crescita più forte dell’economia. 

Fonte: ricerca Wells Fargo

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